Cenni sull’Interpungere Manzoniano – I puntini di sospensione

4.1. La sospensione del discorso.

All’interno di questa funzione occorre distinguere ulteriormente, anche se dobbiamo limitarci a individuare solo alcune categorie più stabili, ma pur sempre estremamente sfumate e che stingono l’una nell’altra, per evitare di addentrarci in una casistica molteplice quanto le cause fisiche o psicologiche che possono provocare la sospensione del discorso. Un campo (e non solo, propriamente, quello della sospensione, ma anche quello dei puntini come pausatori della comunicazione discorsiva, alla stregua di gesti o di ammicchi) nel quale Manzoni si muove da maestro.

4.1.1. Il cambio di progetto.

L’enunciazione talvolta subisce un arresto e riprende con una diversa impostazione sintattica: l’interlocutore può accorgersi di essersi avventurato un po’ troppo in un discorso sgradito, può sentire il bisogno di precisare un’informazione, può dimenticarsi, in condizioni di forte emotività, dell’iniziale progetto comunicativo.

V II 27: «”Ma orabasta, so quel ch’io dico. Noi poveri curati siamo tra l’ancudine e il martello: voi impaziente; vi compatisco, povero giovane; e i superioribasta, non si può dir tutto.”» (= Q 29)

V II 35: «”va su da Lucia, pigliala in disparte, e dille all’orecchio ma che nessun senta, né sospetti di nulla, ve’… dille che ho da parlarle» (= Q 37-38)

V III 40: «”ma alle volte un parere, una parolina d’un uomo che abbia studiatoso ben io quel che voglio dire. […] cercate del dottor Azzecca-garbugli, raccontategli Ma non lo chiamate così, per amor del cielo: è un soprannome.» (= Q 42)

V III 47: «”Ecco che il signor curato comincia a cavar fuori certe scuse basta, per non tediarla, io l’ho fatto parlare”» (= Q 49)

V XVI 285: «bisognava vedere che canaglia, che facce […]: facce che i giudei della Via Crucis non ci son per nulla» (= Q 285)

V XXV 436: «”Ma lascia fare al Signore; e se Lascia che venga un raggio, solamente un raggio; e allora mi saprai dire se non pensi più a nulla» (= Q 433)

V XXXVIII 659-60: «”Del resto, vedete, fin che l’uomo ha fiato in corpo Guardatemi me: sono una conca fessa; sono stato anch’io, più di là che di qua: e son qui; e se non mi vengono addosso dei disturbi basta, posso sperare di starci ancora un pochetto”» (= Q 657).

4.1.2. La reticenza.

La reticenza indica l’intenzione di mandare un preciso messaggio senza che però vi sia da parte del locutore, per imbarazzo, turbamento, discrezione e simili, l’espressione compiuta del proprio pensiero, affidata all’intuito dell’interlocutore. Il discorso viene frammentato dai puntini che la Mortara Garavelli definirebbe “di esitazione” (p. 113):

V II 30: «”Quando vi dico che non so niente In difesa del mio padrone posso parlare”» (= Q 32)

V X 173: «”per obbedire alle regole per adempiere una formalità indispensabile, sebbene in questo caso pure debbo dirle che ogni volta che una figlia domandi d’essere ammessa alla vestizione la superiora, quale io sono indegnamente tiene obbligo di avvertire i parenti che se per caso essi forzassero la volontà della figlia, incorrerebbero nella scomunica. Mi scuserà

“Benissimo, benissimo, reverenda madre. Lodo la sua esattezza; è troppo giustoMa ella non può dubitare

“Oh! pensi, signor principe ho parlato per obbligo preciso del resto“» (= Q 176)

V X 178: «”Non sarebbe mai qualche disgusto? qualche mi scusi capriccio?”» (= Q 181)

V XXV 442: «”non ho già voluto dire Ma mi è sembrato che, essendo cose intralciate, cose vecchie e senza rimedio, fosse inutile di rimescolare Però, però, dico, so che vossignoria illustrissima non vuol tradire un suo povero paroco”» (= Q 439).

Molti se ne possono reperire nel colloquio tra il conte zio e il padre provinciale (XIX cap.), in cui i due potentati comunicano, piuttosto che con parole, per allusioni e per sottintesi:

V XIX 325: «”Ma in ogni famiglia un po’ numerosa v’è sempre qualche individuo, qualche testa E questo padre Cristoforo, so per certi riscontri che è un uomo un po’ amico dei contrasti che non ha tutta quella prudenza, tutti quei riguardi“» (= Q 325)

V XIX 326: «”e se anche ne fosse già informata, senza mancare ai miei doveri, io posso farle avvertire certe conseguenze possibili: non dico di più.”» (= Q 326)

V XIX 329: «”tutta gente che ha sangue nelle vene, e che a questo mondo è qualche cosa. C’entra il puntiglio; diviene un affare comune; e allora sarebbe un vero crepacuore per me, di dovere di trovarmi[…]. Io mi trovo in questa benedetta carica, che mi obbliga a sostenere un certo decoro Sua eccellenza i miei signori colleghi tutto diviene affar di corpo massime con quell’altra circostanza Ella sa come vanno queste cose”» (= Q 329-30)

V XIX 329: «”Oibò punizione, oibò: un provvedimento prudenziale, un ripiego di comune convenienza, per impedire i sinistri che potrebbero mi sono spiegato”» (= Q 330)

V XIX 330: «”L’andare di un religioso a predicare in un’altra parte è cosa così ordinaria! E poi, noi che vediamo noi che prevediamo noi che dobbiamo non abbiamo a curarci delle ciarle”»  (= Q 330).

Talvolta è l’autore stesso a sottolineare e commentare la reticenza:

V XVI 283: «”La bocca l’abbiamo anche noi, sia per mangiare, sia per dir la nostra ragione,” disse un altro: con voce tanto più modesta, quanto più la proposizione era avanzata: “e quando la cosa sia incamminata” Ma non istimò bene di compier la frase» (= Q 283)

V XXV 442: «”Veramente se vostra signoria illustrissima sapesse che intimazioniche precetti terribili ho avuti di non parlare” E restò, senza conchiudere, in un certo atto, da far rispettosamente intendere che sarebbe indiscrezione voler saperne di più» (= Q 438).

4.1.3. La dimenticanza.

I puntini possono rappresentare graficamente la pausa del locutore alla ricerca di un nome o di un fatto che gli sfugge:

V III 40: «”cercate del dottor Azzecca-garbugli [...] Ma non lo chiamate così, per amor del cielo: è un soprannome. Bisogna dire il signor dottor Come si chiama mo egli?”» (= Q 42)

V VII 110: «”Che il padre il padre che so io? quel frate insomma vi ha convertito”» (= Q 112).

4.1.4. Autocorrezione o interruzione interna.

Talvolta il parlante si corregge; i puntini mimano in questi casi un pensiero che si svolge e si definisce durante l’atto stesso della comunicazione adattandosi alle circostanze:

V X 166: «”Vi so dire che tutto il monastero saprà valutare l’onore che Gertrude gli fa. Anzi perché non v’andiamo oggi medesimo?”» (= Q 169)

V XVI 283: «”Dunque ne sentirete delle belle o delle brutte”» (= Q 283)

V XX 351: «”In quella carrozza v’èvi debb’essere una giovane”» (= Q 351)

V XXXIV 605: «”voglio berne anch’io un altro sorso, alla salute del suo padrone, che si trova qui in questa bella compagnia lì, lì, appunto, mi pare, in quella bella carrozzata”» (= Q 603).

4.1.5. Interruzione esterna.

L’interruzione del discorso può avere una motivazione esterna e indipendente dalla situazione psicologica dell’interlocutore. Spesso il Manzoni inserisce i puntini di sospensione quando il personaggio viene interrotto bruscamente da un altro, o quando è necessario inserire una digressione funzionale alla comprensione del contesto narrativo: nel primo caso i puntini, indicando che il discorso non era stato progettato per spegnersi in quel momento, ne segnalano l’innaturale sospensione; nel secondo caso, per lo stesso motivo, ne preannunciano la ripresa.

V II 27: « “Vi è venuto il grillo di maritarvi

“Che discorsi son questi, signor mio?” proruppe Renzo» (= Q 29)

V III 38: «”Io raccontai subito

“A chi hai raccontato?” domandò Agnese» (= Q 40)

V III 42: «”Vorrei sapere da lei che ha studiato

“Ditemi il fatto come sta,” interruppe il dottore» (= Q 44)

V X 166: «”È risoluta, mi ha fatto intendere che è risoluta” A questo passo alzò ella al padre uno sguardo tra atterrito e supplichevole, come per chiedere ch’egli sospendesse, ma egli proseguì francamente: “che è risoluta di prendere il velo.”» (= Q 169)

V X 172: «”Son qui” cominciò Gertrude; ma al punto di proferir le parole che dovevano decider quasi irrevocabilmente il suo destino, esitò un momento […]. Quando, alzato lo sguardo alla faccia del padre, quasi per esperimentare le sue forze, scorse su quella una inquietudine così cupa, una impazienza così minaccevole, che risoluta per tema […] proseguì: “son qui a domandare d’essere ammessa a vestir l’abito religioso”» (= Q 175)

V X 174: «”vi sarebbe” Ma il principe interruppe: “no, no, signora principessa”» (= Q 177)

V X 176: «”O svelare il vero motivo della vostra risoluzione e” Ma qui veggendo che Gertrude s’era fatta tutta di fiamma, che i suoi occhi si gonfiavano, e il volto si contraeva come le foglie d’un fiore nell’afa che precede la burrasca, ruppe quel discorso, e con volto sereno, ripigliò: “via, via, tutto dipende da voi, dal vostro buon giudizio”» (= Q 179).

4.1.6. Puntini di sospensione nel discorso indiretto. 

Notiamo la presenza dei puntini di sospensione, con le stesse funzioni, anche nel discorso indiretto, o comunque quando l’autore s’identifica col suo personaggio e si appropria i suoi sentimenti:

V II 24: «Confidare a Renzo l’occorrente, e cercare con lui qualche mezzo Dio liberi!» (= Q 26)

V II 34: «Avrebbe voluto correre alla casa di don Rodrigo, afferrarlo pel collo, e ma gli sovveniva ch’ella era come una fortezza» (= Q 36)

V X 164: «Continuò dicendo che, quand’anche caso che mai egli avesse avuto da prima qualche intenzione di collocarla nel secolo, ella stessa aveva ora posto a ciò un ostacolo insuperabile» (= Q 167)

V XXV 438: «E quell’arrossare a ogni tratto, e quel mandare indietro i sospiri Due occhioni poi, che a donna Prassede non piacevano niente» (= Q 435).

4.1.7. Puntini di sospensione abbinati al punto interrogativo/esclamativo. 

I puntini possono precedere o seguire un punto interrogativo o esclamativo, aggiungendo una ulteriore sfumatura all’intonazione sospesa dell’enunciazione:

V II 27: «”Eh! quando penso che stavate così bene; che cosa vi mancava?”» (= Q 29)

V II 32: «”E come ha fatto? Che cosa le ha detto per?”» (= Q 34)

V II 32: «”E adesso mo che lo sapete? Vorrei vedere che mi faceste!”» (= Q 34)

V II 37: «”Dunque voi sapevate?”» (= Q 39)

V III 40: «”Se fossimo maritati, oh allora!» (= Q 42)

V XV 270: «”che tradimento è questo? A un galantuomo!”» (= Q 270)

V XX 349: «”Oh signore! Perché non potete? Dove volete condurmi? Perché?» (= Q 349)

V XXXIV 602: «”Aspetti, eh! era ella malata molto? Quanto tempo è ?» (= Q 599)

V XXXVII 658: «”Il nostro povero padre Cristoforo!”» (= Q 656)

In un solo caso il punto interrogativo viene eliminato:

V II 31: «”Chi v’ha detto? …“» → Q 33: «”Chi v’ha detto“»

Lo stesso avviene in passi in cui, come si è detto sopra (cfr. 4.1.6.), l’autore s’identifica col suo personaggio e se ne appropria i sentimenti e le reazioni:

V XX 341: «Il narratore si diede poi ad esagerare in prova le difficoltà dell’impresa; la distanza del luogo, un monastero, la signora! A questo, l’innominato […] interruppe subitamente» (= Q 341)

V XX 344: «Di giorno chiaro, un breve tragitto, una strada che Lucia aveva fatta pochi giorni prima, e che alla sola indicazione, chi non l’avesse veduta mai, non la poteva fallare! Tanto disse, che la poverina […] si lasciò sfuggir di bocca» (= Q 344).

Continua con…La Parentesi

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