Adelchi del Manzoni: l’interesse per la storia

Adelchi del Manzoni: l’interesse per la storia

Il Manzoni inizia a scrivere l’Adelchi nel Novembre del 1820.

La tragedia è ambientata in Italia, alla fine del secolo VIII: la dominazione longobarda sta per giungere al termine, con la conquista della città di Pavia da parte dei Franchi di Carlo Magno. Adelchi, figlio del re longobardo Desiderio, dopo aver in un primo tempo cercato di evitare la guerra (causata dalle solite brame di potere), vi si sottomette per amore verso il padre e combatte valorosamente fino alla morte. Le sue ultime parole, rivolte a Desiderio sconfitto (in presenza del nuovo re Carlo Magno), costituiscono il distillato della morale sottesa a tutta la vicenda: nel mondo ci sono solo vincitori o vinti, l’uomo di potere o procura il male o lo subisce. Dunque, l’aver perso il trono deve essere fonte di consolazione, e non di dolore, per Desiderio, dal momento che finalmente (non ricoprendo più un ruolo di comando) può sottrarsi a questo meccanismo perverso che vede nell’attacco l’unica forma di difesa possibile.

Del proposito di dedicare un’opera in versi a tale argomento resta traccia in una lettera del 17 Ottobre del 1820 scritta all’amico francese Claude Fauriel, dalla quale emerge il vero interesse del Manzoni, la sua principale preoccupazione, un amore che si trasformerà piano piano in ossessione: la verità storica. Dopo aver accennato al tema (la caduta del regno dei Longobardi), lo scrittore spiega:

Cercando per ogni dove notizie e osservazioni su questa età, ho veduto, o ho creduto di vedere, che essa non è stata affatto compresa da coloro che ne hanno parlato. [...] trovo che dopo il Machiavelli fino a Denina ed oltre son tutti d’accordo nel considerare i Longobardi come Italiani, e questo per l’eccellente ragione che il loro insediamento in Italia è durato più di due secoli. [...]. Ora vorrei che aveste la bontà di indicarmi [...] qualche opera moderna di coloro che, bene o male, hanno tentato di sbrogliare la matassa  di questi insediamenti nel Medioevo, e che hanno soprattutto parlato della condizione dei popoli indigeni soggiogati e posseduti, che rappresenta il punto sul quale la storia è più povera, dal momento che per quanto riguarda i Longobardi non si trova nella loro storia quasi nessun cenno sugli Italiani [leggi: gli abitanti indigeni d’Italia, gli “eredi” degli antichi Romani], per quanto essa si sia fatta in Italia. Terminata la mia tragedia, conto di aggiungervi un piccolo lavoro storico sui fatti che ne formano l’argomento e sul modo in cui essi sono stati rappresentati; e il mio scopo, in ciò, è di dimostrare che la storia degli insediamenti dei barbari in Italia è ancora da fare e d’esortare qualcuno a intraprenderla, quanto meno di scrollare molti pregiudizi tanto saldi quanto assurdi.

La storia dunque; la documentazione, il reperimento dei dati storici, è una fase fondamentale e ineludibile nella genesi di ogni opera dello scrittore lombardo.

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